Dire e Contraddire: Torino in finale a Roma
Gli Oratorinesi, squadra interscolastica formata dai licei Cavour, Gioberti e Umberto I, accede alla finale della competizione nazionale Dire e Contraddire promosso dal Consiglio nazionale forense. Il gruppo è coordinato dalle professoresse Silvia Uggetti (Cavour), Annamaria Anzillotti, (Umberto I), Alessandra Saccon e dal professor Vincenzo Sorella, con il prezioso sostegno degli avvocati Daniela Rossi, Antonio Vallone e Salvatore Crimi, espressione del Consiglio dell’Ordine di Torino.
Nel primo match, svoltosi il 18/3, gli oratori Federico De Vincentis (4A, Gioberti), Emma Bersotti, Matteo Gonzi Cortese, Federico Damiano e Samuele Tinti - appartenenti al liceo Cavour - , hanno sfidato e sconfitto le squadre espressione dell’Ordine degli avvocati di Novara e Vercelli sul tema Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della magistratura e della Corte costituzionale, frase di Pietro Calamandrei.
Il secondo match, disputatosi il 11/4 a Venezia, ha visto Torino sconfiggere rispettivamente le formazioni di Milano e Venezia sulla seguente mozione: Un processo assomiglia a un dramma in quanto che dal principio alla fine si occupa del protagonista non della vittima (Hannah Arendt). In questo caso oltre ai cinque precedenti dibattenti si è anche aggiunta Camilla Bravo (Umberto I) assente per motivi personali il primo incontro.
La finale della competizione è prevista a Roma il 21/5 a cui parteciperanno oltre Torino, Pescara e Palermo. Si discuterà di etica e intelligenza artificiale: Più dell’intelligenza artificiale ho paura della stupidità naturale, perché, se un giorno una macchina facesse una determinata cosa, sarebbe stata la mente umana a fargliela fare. La macchina non vuole niente perché non è un soggetto. La frase è del padre Paolo Benanti, teologo e professore universitario, nonché presidente della Commissione intelligenza artificiale sull’informazione.
Meritano, infine, una sottolineatura la capacità e la disponibilità degli studenti a impegnarsi in un formato di dibattito molto distante da quelli praticati; così come il piacere di poter collaborare con colleghi e colleghe di diverse scuole, superando - almeno in parte - quell’autoreferenzialità scolastica culturalmente improduttiva.
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